4 novembre 2013: L’uso della lingua secondo Domenico Cavalca
In vista della lezione che terrò il 21 novembre all’Università degli Studi di Bergamo, compio in queste settimane una ricerca sull’Osservanza agostiniana di Lombardia, che fu introdotta da fra Gian Rocco Porzi da Pavia nel Convento Sant’Agostino di Crema nel 1439. Tra le varie fonti storiche utili per la ricerca, consulto anche i codici che furono approntati verso la metà del Quattrocento nel Convento cremasco e che sono oggi fortunatamente conservati nella Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo. Mi interessa conoscere quali letture facevano i giovani seguaci di fra Gian Rocco, come e dove si procuravano i libri, come ordinavano la biblioteca. Dai libri e dalle loro letture cerco di conoscere la loro spiritualità e le aspirazioni culturali.
Mi hanno sempre attratto i movimenti di riforma, per lo spirito di libertà, la spinta ideale e il senso di responsabilità da cui originano e di cui sono portatori. E l’Osservanza fu un grande movimento di riforma degli Ordini religiosi sorti nel XIII secolo. Qualsiasi riforma, civile, culturale, religiosa, prende avvio dal desiderio di ritorno alla purezza e autenticità delle origini, desiderio cui si accompagna la volontà di semplificazione delle forme di vita e di cura dell’essenziale, e il conseguente abbandono di strutture, forme organizzative, azioni, stili di vita che non corrispondono più ai fini generali di un’istituzione ma solo a interessi particolari che col tempo hanno preso un illecito sopravvento su quelli generali.
Tra i codici che consulto mi colpisce particolarmente quello scritto intorno agli anni Cinquanta del XV secolo da fra Simpliciano da Crema, grammatico nel convento cremasco, Liber exemplorum, MA 261. Si tratta di una straordinaria raccolta di aforismi, brevi testi moraleggianti, esempi, aneddoti, simboli presi dai testi biblici, dai padri della Chiesa, dalla letteratura greca e latina, da autori medievali e contemporanei, da fatti personalmente vissuti dal frate compilatore della raccolta, la cui finalità è sicuramente da vedere nella predisposizione di materiali utili per la predicazione.
Scorrendo questo codice (dovrò ritornarvi con più calma perché vi sono notizie di notevole interesse per la storia del Convento Sant’Agostino di Bergamo, dove fra Simpliciano soggiornò nella seconda metà degli anni Quaranta), mi sono imbattuto in un brano tratto dall’opera Pungilingua di Domenico Cavalca (1270 ca. – 1342), domenicano, uno degli autori ascetici più letti dai primi Osservanti agostiniani di Lombardia. Il brano riguarda le funzioni della lingua, qui considerata come organo fisiologico della parola, quindi come sineddoche del linguaggio. Il brano deve essere sicuramente piaciuto a fra Simpliciano. Piace anche a me, per cui lo ricopio: “Dodici cose conducono a ben guardare la lingua. La prima sie che Dio singolarmente onorò l’omo dandogli la lingua. La seconda sie pensare che la lingua sie organo de la ragione. La terza sie lo exemplo de li uceli che sempre a Dio lodano. La quarta sie considerare che la lingua è membro molto nobile. La quinta sie per la dignità de li offitii ali quali la lingua è posta e ordinata da Dio cioè adorare lodare rengratiare Dio. La sesta sie considerare che la bona guardia de la lingua è grande guardia del cuore. La settima sie considerare che ella perché posta in humido luogo è molto prona ad ogni male. La ottava sie considerare la sua grande e subita potentia al male come ‘l foco”.
Trovo meritevoli di riflessione le considerazioni seconda, sesta e ottava: la parola deve conformarsi alla ragione ma non essere nemmeno in contrasto col cuore; se malvagia, può distruggere tutto, come il fuoco.
Dotati di immaginazione, di buona retorica e di spirito meditativo coltivato nel silenzio, questi autori medievali sanno dire molto con poco.
L’edizione critica di Pungilingua, a cura di Mauro Zanchetta, è consultabile in rete al seguente indirizzo: