25 agosto 2013: Lettura domenicale
L’ inserto domenicale de’ Il Sole 24 Ore ormai annoia. Anzi, non solo annoia, irrita. Il motivo della noia? Il fatto che da molti anni sono sempre gli stessi che vi scrivono; di loro conosciamo tutto, stile, gusti, idee, opinioni: lette cinque righe possiamo prevedere quello che seguirà. Mi chiedo come mai un giornale che dovrebbe avere come sua bandiera la pluralità, la libera e variata e concorrente manifestazione di idee, finisca invece, come succede a tutte le istituzioni, nell’acquietarsi in un comodo conservatorismo. Perché non adottare il criterio di una sana rotazione? Quella di mutare ogni sei mesi i collaboratori? Avremmo un Domenicale sempre vivo, sempre nuovo.
Il motivo dell’irritazione? Che i soliti collaboratori (onestamente devo dire non tutti) troppe volte recensiscono, parlandone ovviamente bene, libri, mostre, iniziative, progetti nei quali essi stessi hanno parte, e se non proprio come autori, sicuramente come collaboratori, consulenti, amici. Questa cosa non l’accetterò mai. E spiace vedere che Il Sole 24 Ore l’accetti.
Oggi comunque il Domenicale mi ha fatto un dono grande, che ha dissipato in un colpo noia e irritazione: la pubblicazione del racconto di Piero Bigongiari (1914-1997), più noto come poeta che come narratore, Il botteghino del lotto, un autentico piccolo capolavoro scritto dall’autore a vent’anni, intorno al 1933. L’ho letto tre volte. Belle similitudini, figure appropriate, lessico ricco e forbito: ma soprattutto narrazione dai forti contrasti, espressionista, capace di dare vivezza, carattere, rilievo alla condizione umana del vecchio Caliari. Pietas. Cercare in Maremagnum l’edizione della raccolta Il sole della sera. Racconti e frammenti 1932-1935, a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, Firenze, Passigli Editore, 1994, dove questo racconto compare con altri dello stesso autore.
Piero Bigongiari a Venezia, circa 1960.