16 febbrio 2013: Arte e imitazione
Lettura di Corinna di Madame de Staël (Mondadori 2006). Non mi piace la forma romanzo per un lungo e prolisso saggio sull’Italia: o si crea un romanzo o si scrive un saggio, le due cose insieme non vanno bene, perché i personaggi non saranno mai figure vive e naturali ma sempre “strumentali”, pensate per servire ad altro. Sono arrivato a queste pagine sollecitato da Delacroix che alla data 26 gennaio 1824 del Diario scrive: «Ritrovo proprio nella signora di Staël lo svolgimento delle mie idee sulla pittura. Quest’arte, come la musica, supera il pensiero; qui sta, per l’indeterminatezza delle espressioni, la ragione della sua preminenza sulla letteratura» (Torino, Einaudi, 2002, I, p. 47) Per Lamberto Vitali, curatore dell’edizione del Diario, Delacroix si riferisce qui alle pagine di Corinna dove si parla di statue e dipinti, Libro VIII, cap. II e III. L’annotazione di Vitali non mi convince del tutto, probabilmente Delacroix pensa ad un altro scritto. La citazione che potrebbe essere in sintonia con il pensiero del pittore è a p. 215: «Lei [Corinna] diceva che nelle arti dell’immaginazione, come peraltro nel resto, la buona fede è tipica del genio, mentre il calcolo per ottenere successo è quasi sempre distruttivo dell’entusiasmo. Affermava che nella pittura come nella poesia può esserci retorica e che tutti quelli che non sanno dare carattere alle loro opere si rifugiano negli ornamenti accessori, attribuendo l’intero pregio di un soggetto allo sfarzo dei costumi o agli atteggiamenti marcati, mentre una semplice vergine col bambino in braccio […] producono impressioni ben più profonde con la semplice espressione dello sguardo e della fisionomia». Poco più avanti, contro la pittura che imita l’antico, p. 216: «A forza di studiarli [gli antichi] li si può imitare, ma come potrebbe il genio trovare tutto il suo slancio in un lavoro in cui la memoria e l’erudizione sono tanto necessari? Non è invece la stessa cosa per soggetti appartenenti alla nostra storia o alla nostra religione. I pittori possono ricavarne direttamente ispirazione, sentono ciò che dipingono e dipingono ciò che vedono. La vita serve loro per immaginare la vita. Invece, situandosi artificiosamente nell’antichità, sono costretti a inventare attraverso la mediazione dei libri e delle statue». Stessi pensieri già in Diderot.