26 dicembre 2012: Viaggio a Berlino

Dal 19 al 24 dicembre siamo stati a Berlino. Ogni volta che vi arrivo, negli ultimi dieci anni, lo sguardo è attratto dalle nuove e ardite architetture. La sensazione resta però, per il momento, sempre la stessa: di una città urbanisticamente frammentata. Il vasto spazio lasciato libero dal muro famigerato viene progressivamente occupato dalle nuove costruzioni; ma ci vorranno ancora dieci anni per vedere concluso questo processo e poter dire: ecco, Berlino è questa! O almeno, la nuova Berlino. La poesia della vecchia Berlino di inizio Novecento, quella che amo, sopravvive solo in pochi angoli di Berlino Est, ma non certo ad Alexanderplatz.

Giorni dedicati a rivedere con calma la Gemäldegalerie e a conoscere per la prima volta la Nationalgalerie.

Pare ormai deciso dalle autorità tedesche il trasferimento della Gemäldegalerie dalla sede attuale, così bella e gradevole, al Bode Museum. Si accampa un motivo nobile: riunire i dipinti antichi alle sculture, che era il desiderio di Wilhelm von Bode. Ma so per certo che c’è pure un altro motivo, meno nobile e sicuramente più pressante: inserire la Gemäldegalerie, una volta trasferita all’Isola dei Musei, nel consolidato circuito turistico. Per i tour operator la Gemäldegalerie è fuori mano.
Dovremo dunque dire addio a ciò che di questo museo ci piace così tanto: il silenzio, la pace, la luce, la disposizione delle sale, che assecondano mirabilmente la nostra felice contemplazione. Al Bode Museum, lo si è già detto, tutti questi quadri non ci staranno. Si andrà a rotazione. Rassegnamoci. Tutto scorre, tutto muta. La mezz’ora di beatitudine davanti al Cristo risorto del Bellini, uno dei quadri più belli di tutti i tempi, non ci verrà più data. È finito il nostro privilegio, politicamente scorretto. L’arte è un bene di tutti, va portata alle masse, bisogna fare “grandi numeri”, avanti frotte frettolose e vocianti!

Alla Nationalgalerie studiata con profitto, ricavandone vivo interesse e ammirazione, la pittura tedesca dell’Ottocento da Caspar David Friedrich (1774-1840) a Max Liebermann (1847-1935), passando per Karl Friedrich Schinkel (1781-1841), Carl Blechen (1798-1840), Carl Gustav Carus (1789-1869), Adolph Menzel (1815-1905), Hans von Marées (1837-1887), Wilhelm Leibl (1844-1900), Franz von Lenbach (1836-1904), Johann Sperl (1840-1914), Hans Thoma (1839-1924), Wilhelm Trübner (1851-1917), Fritz von Uhde (1848-1911). Conoscevo già abbastanza bene alcuni di questi pittori. Una vera scoperta sono stati Johann Sperl e Wilhelm Trübner, ambedue appartenenti alla “cerchia di Leibl” (Leiblkreis), influenzata dal realismo poetico di Courbet e dallo stile ritrattistico di Manet, interpretati nello spirito tardoromantico tedesco. Comunque tutti ottimi pittori. E non perderemo la mostra che, finalmente, la Germania dedicherà quest’estate ad Hans Thoma a Francoforte. Sarà una meraviglia vedere riuniti i suoi vasi con fiori di campo.

Visitato lo Jagdschloss Grunewald, castello di caccia fatto costruire sulle rive dell’Havel nel 1542 dal principe Joachim II di Brandeburgo. Lo abbiamo raggiunto a piedi, non vi è altro mezzo, per il sentiero che attraversa la foresta di abeti, larici, betulle, querce, mentre scendeva un fitto nevischio.
Una gentile custode, meravigliata del nostro arrivo in una giornata tanto fredda e nevosa, ci ha aperto il castello accompagnandoci poi per le sale. Quadri bellissimi del nostro amato Cranach. Quadri che visti qui, appesi alle pareti di sale cinquecentesche, nell’atmosfera fascinosa dell’antico e isolato bianco castello, con la mente colma di reminiscenze evocate dai ritratti dei committenti principi elettori, paiono ancora più convincenti e più suggestivi. L’epoca del Rinascimento a Berlino è legata in ampia misura al nome di Cranach, che nel 1529 ritrasse Joachim I e altri membri della casa Hohenzollern, tra cui Ioachim II, che lo avrebbe fatto lavorare nel 1537-1538 e ancora negli anni successivi.

Ritornati a Dahlem, badando di non scivolare sul sentiero ghiacciato, coperto dallo strato di neve fresca, abbiamo sostato al Brücke Museum, che sorge al margine della foresta. Costruito nel 1867 su progetto di Werner Düttmann, custodisce una delle raccolte espressioniste più esaustive della Germania, prodotto di quel movimento di artisti che si costituì a Dresda nel 1905, si trasferì a Berlino nel 1910 e si sciolse nel 1913: il Die Brücke (Il Ponte, denominazione ripresa da Nietzsche, Così parlò Zarathustra, 1883-1885: «La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto», Milano, Adelphi, 2000, p. 8).
Cuore della collezione è la raccolta del fondatore del museo, Karl Schmidt-Rottluff (1884-1976), che si è poi arricchita, grazie alle donazioni di Erich Heckel (1883-1970), di dipinti, oltre che dello stesso Heckel, di Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938), Otto Müller (1874-1930), Hermann Max Pechstein (1881-1955), Emil Nolde (1867-1956) e di altri artisti che furono in rapporto di amicizia con i membri del gruppo.
Delizioso museo: nitida architettura, sale accoglienti, opere esposte secondo l’ordine cronologico, da preferire sempre; comodi divanetti con accanto, su un tavolino, a disposizione del visitatore il catalogo dei dipinti; luce naturale diffusa da ampie vetrate che lasciavano libertà agli occhi di vagare sulla foresta innevata. Alle pareti colori accesi, brillanti, contrastanti; deformazione delle figure, accentuazione dell’espressività al limite del caricaturale. Ma quanta sentita comunione di questi artisti con la natura, con le speranze e le sofferenze della vita!
Affascinati davanti alla polifonia di verdi, al gatto bianco, agli occhi grandi e neri, dubbiosi e un poco tristi, dell’adolescente Marcella di Kirchner (1910), la nostra mente, per desiderio di confronto, andava alla raffinata, dolce  e orgogliosetta  Giuditta di Cranach, vista poco prima al castello. Capivamo l’incolmabile distanza di tempi, di stili, di soggetti, di culture. Ma ci entusiasmava cogliere la verità, tra tanta diversità, di una medesima e perenne musa ispiratrice.

 

                         

Lucas Cranach il Vecchio:                                             Ernst Ludwig Kirchner:
Giuditta con la testa di Oloferne, 1530                             Marcella, 1910