9 dicembre 2012: Nelle nostre belle chiese un’eco delle antiche civiltà
Pomeriggio umido e nebbioso. Breve passeggiata nei dintorni di Ranica. Prima di rincasare, sosta nella sontuosa chiesa parrocchiale, tra le più belle della terra bergamasca, la cui costruzione, avviata nel 1782 da Giacomo Caniana, venne portata a termine da Simone Elia.
I fedeli in adorazione eucaristica. Un diffuso e gradevole profumo d’incenso. Il presbiterio splendente di luce vibrante tra riflessi di marmi policromi, candelieri e reliquiari d’argento.
Sopravvive in queste nostre belle chiese un’eco, un retaggio delle antiche civiltà, che avvertiamo nella fascinazione dei profumi, nella magia dei lumi e delle vesti preziose, nelle cadenze dei gesti rituali.
Questo sentimento è vissuto con profonda convinzione da chi crede nella Grazia redentrice della fede cristiana. Ma è percepito anche da chi, pur non credendo in tale Grazia, prova tuttavia venerazione e amore per ciò che l’uomo ha pensato, creato e trasmesso come lenimento della sua dolorosa condizione, come espressione del suo desiderio di elevazione spirituale, come motivo di felicità.
Alla benedizione i fedeli hanno eseguito un canto condotto sul motivo di struggente lirismo della Finlandia di Sibelius. Chi è autore del plagio? Comunque, meglio il motivo di Sibelius di certe sdolcinate melodie tra sanremese e Gen Rosso.
Prima di uscire dalla chiesa, visita doverosa alle tele del Moroni e del Cavagna.