6 dicembre 2012: Il nuovo formato de «Il Giornale dell’Arte»

Proprio non so abituarmi (e adeguarmi) al nuovo «Giornale dell’Arte» che, a partire dallo scorso mese di ottobre, esce in formato più grande, con una nuova veste grafica e stampato su una nuova carta. Sarà la forza dell’abitudine, non c’è dubbio, a frenare dentro di me, un poco conservatore, l’assimilazione delle novità. Ma mi chiedo: c’era proprio bisogno di cambiare? Io trovavo il vecchio formato esemplare, efficace, congeniale alla lettura e anche alla conservazione dei fascicoli, sia nelle nostre case private, dove lo spazio è sempre più limitato, sia, soprattutto,  nelle biblioteche pubbliche, dove ora la rilegatura dei nuovi fascicoli verrà a creare problemi di collocazione se si vorrà mantenere vicini, come richiede una sensata biblioteconomia, i numeri della serie; trovavo poi discreta, chiara, essenziale la grafica, con il suo giusto equilibrio tra titoli, sottotitoli, testo, corpo e tipo dei caratteri, immagini; e trovavo la carta tra le più belle in uso nell’editoria italiana, così leggera e delicata al tatto.
Perché si è voluto cambiare? Nell’editoriale di presentazione del nuovo formato (n. 324, ottobre 2012, p. 1), la Direzione ha recato due motivi. Per il primo motivo ha scomodato pure l’ideologia («una scelta addirittura ideologica»): la scelta di un formato più grande, in controtendenza, si scrive, rispetto a molte altre testate, vorrebbe aiutare (significare?) un «pensare in grande». Ma da quando il pensiero si misura in centimetri? Il secondo motivo è d’ordine estetico: «abbiamo aumentato i formati per un cedimento a una seduzione estetica: l’indubbia eleganza dello spazio grande». Mi sarei aspettato di leggere una tale banalità ovunque, mai su un giornale d’arte.
Siamo al terzo numero. Avverto la sensazione di non avere più tra le mani l’amatissimo e ad ogni mese tanto atteso Giornale di un tempo. E finora di “grande” vedo solo i titoli alla «Bild Zeitung» e non alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (quest’ultima testata è portata come esempio nel citato editoriale) e vedo soprattutto di “grande” la pubblicità. Se è anche questo che si voleva perseguire col cambiamento, allora l’obiettivo, non dichiarato però nell’editoriale, è stato sicuramente raggiunto: prima non vedevo la pubblicità sul Giornale, ora mi invade generosamente gli occhi ad ogni pagina.