4 ottobre 2012: Rilettura di Kierkegaard
Dopo 36 anni, riletti questa mattina alcuni passi di Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica alle Briciole di filosofia. “Il cristianesimo è spirito, lo spirito è interiorità, l’interiorità è soggettiva, la soggettività è essenzialmente passione e, quand’è al suo culmine, è la passione infinita della persona interessata alla propria salvezza eterna” (Opere, Firenze, Sansoni, 1972, p. 276, col.b): condivido tutti questi passaggi, tranne l’ultimo.
Che il culmine della passione dell’uomo, del suo sentimento, del suo anelare tra incertezza e imperfezione (donde nasce per Kierkegaard una fede appassionata e soggettiva, aggiungo io: ogni fede, ogni speranza nasce da questa distretta) sia la salvezza eterna non è per niente un universale umano ma il portato di una precisa cultura, antropocentrica, giudaico-platonica, comprensibile concettualmente per noi ‘occidentali’ cristianizzati educati in questo sistema di pensiero (creazione, caduta-colpa, morte, redenzione), ma incomprensibile per altre culture umane, che quindi non se ne appassionano.