5 gennaio 2015: L’odore dei libri
Leggo Effi Briest di Theodor Fontane (1895), un romanzo di una bellezza, di un vigore e di una grazia straordinari. Un capolavoro della letteratura di ogni tempo, che raccomando agli amici se ancora non l’avessero letto. Si è sempre a tempo: io l’ho scoperto da poche settimane, grazie a Thomas Mann. Quanto è sorprendente e mirabile il contenuto poetico del libro non altrettanto è la confezione, veramente inadeguata, dell’edizione di cui mi servo, Garzanti 1998.
Il formato è piccolo, e questo di per sé non vorrebbe dire nulla; se non fosse che al formato piccolo si accompagnano la qualità scadente della carta, margini esigui, legatura pessima, così stretta che si fatica a leggere le parole al margine interno. Dovrò cercarmi un’altra edizione, perché questa mi indispone ogni volta che la prendo in mano.
La qualità della confezione di un libro esercita sul mio umore un influsso non trascurabile. Non dovrebbe essere così, ma non so sottrarmi al piacere che mi reca in un libro il perfetto connubio tra confezione e contenuto. E quanto più è valido, ricco, nutriente il contenuto tanto più mi è gradito se esso mi viene offerto in un libro che è anche bello.
Quando per motivi di studio ho tra le mani le Bibbie in folio di Robert Estienne, in particolare quelle del 1532 e del 1540, che sono e che saranno per sempre tra i più bei libri del mondo, resto meravigliato nel vedere come un libro possa essere un mondo d’incantata armonia, in cui testo, carta, caratteri e corpi, impaginazione, decoro, legatura sono in perfetto equilibrio, grato raccordo e felice disposizione.
Di un libro mi piace la qualità della carta, meglio se sottile e leggermente avoriata, delicata al tatto; il carattere tipografico limpido, semplice, riposante; i margini ampi, quello inferiore il doppio di quello superiore; la legatura solida, possibilmente cartonata, e che la pagina, una volta letta e girata, riposi tranquilla adagiandosi leggera e comoda sulle altre e non che si sollevi impertinente e recalcitrante. Mi piace anche l’odore di certe carte. Mi capita di associare il ricordo di un libro al suo odore. Qualche anno fa rilessi La luna e i falò di Cesare Pavese, che avevo letto ai tempi del Liceo. Mentre lo rileggevo mi pareva di ricordare qualcosa del libro letto da giovane che ora mi sfuggiva. Che cos’era? All’improvviso compresi, l’odore. La luna e i falò che avevo letto al Liceo, se non erro un Oscar Mondadori, aveva un odore diverso dell’edizione che stavo rileggendo. Associo dentro di me, quando leggo, valori spirituali, visivi, tattili, odoriferi, e li mantengo nel ricordo spesso uniti. Ed è giusto che sia così, perché nella mia filosofia non c’è separazione metafisica tra spirito e corpo, tra sensazione e pensiero, pur se il contenuto spirituale di un libro verrà sempre prima della qualità della carta e della bellezza dei caratteri. Non mettetemi, vi prego, tra i feticisti del libro.