31 dicembre: Appunti dicembre 2014
Lettura del Re Lear di Shakespeare. Atto IV, terza scena, Gentiluomo: «Avrete visto talvolta sole e pioggia insieme. Così, ma più squisito, il suo sorriso tra lacrime: quei sorrisetti vaghi e fuggitivi che, a fiore a fiore delle labbra rosee, sembravano ignorare le lacrime ospiti dei suoi occhi, che via via come perle strappate a due diamanti, se ne partivano. Il dolore, se fosse in tutti sempre così bello, sarebbe una cosa dolcissima, adorabile» (Torino, Einaudi, 1994, vol. II, , p. 355).
4 dicembre: nella Biblioteca dell’Università di Padova, in via Beato Pellegrino 26, consulto la corrispondenza di John Constable, a cura di R. B. Beckett, otto volumi, Ipswich 1962-1968. La biblioteca padovana è l’unica biblioteca italiana a possedere questa pubblicazione. Bibliotecari competenti e cortesi, volumi a scaffale aperto, sala accogliente e silenziosa, tavolo di studio comodo e bene illuminato: quando in una biblioteca, in cui trovo testi rari e utili, posso lavorare in queste felici condizioni provo il più grato appagamento che possa desiderare.
Dopo cena concerto in Sala Greppi in ricordo dell’avv. Alessandro Cicolari (1946-2007): Schubert, Klawierstücke e Quattro improvvisi, al pianoforte l’inglese Steve Osborne, un incanto. Paola Grillo, che ogni anno invita gli amici al concerto dedicato alla memoria del marito, mi commuove confidandomi che certe sere, prima di andare a letto, insisteva con la madre perché le suonasse un improvviso di Schubert …ancora uno, ancora uno.
8 dicembre, concerto conclusivo della stagione di Sala Greppi col fantastico Trio di Parma: musiche di Haydn, Schumann e Brahms. Così preso dalla musica che vedevo solo i suoni e nient’altro intorno a me.
Giunto a questa mia età, non ho più voglia e tempo per teorie critiche, studi d’aggiornamento, discussioni, saggistica varia, fatta eccezione delle opere fondamentali dei grandi storici del secolo corso, che venero e leggo sempre con profitto. Ora dedico il tempo dei miei studi solo alle fonti e ai testi. Non dico che non sia importante la bibliografia: ad un giovane ricercatore raccomando sempre di partire dalla bibliografia. Mi limito a dire ciò che serve alla mia condizione attuale e personale, dovendo compiere ricerche che non hanno l’ambizione di incidere sui progressi della disciplina ma di soddisfare puramente il mio desiderio di conoscenza di oggetti che hanno a che fare con la mia vita. È un’urgenza interiore. Mi spaventa il pensiero di perdere tempo con mode passeggere.
Nella maggioranza dei casi l’arte contemporanea mi emoziona, quando vi riesce, per il sorprendente, il concettoso, l’arguto, lo stravagante, l’inconsueto, il perturbante, il provocante, il bizzarro. Per riuscirvi ha bisogno di un eccesso di retorica, di cui esperisce ogni più recondita possibilità come certa arte barocca. Con una differenza: che mi piace rivedere l’arte barocca rinnovandosi l’emozione, mentre non mi viene il desiderio di rivedere oggetti dell’arte contemporanea, il cui effetto nasce e svanisce nell’istante della visione non lasciando in me alcuna traccia. Non parlo di tutta l’arte contemporanea, della maggior parte. Tra cinquant’anni resterà il meglio e saranno poche cose. Come è accaduto in ogni epoca.
Letto di Bernard Berenson Viaggio in Sicilia (19 maggio-16 giugno 1953), Milano, SE, 2011, prima edizione 1955. L’appunto in chiusura di saggio sull’incomprensione da parte di Goethe dei monumenti medievali siciliani e in generale della cultura figurativa mi pare ingeneroso. Per Simone Facchinetti, con cui ne parlo, è uno dei tanti indizi dell’egocentrismo di Berenson, in questo caso volersi misurare col grande poeta tedesco dicendone tutto il bene possibile mentre lo critica raffrontandolo con se stesso. Convincente e illuminante l’osservazione sui fondi paesistici di Antonello da Messina (p. 13), così come mi sono piaciute le considerazioni su De Roberto, che è uno dei più grandi scrittori italiani (p. 19).
Lettura di Goethe, Viaggio In Italia, Mondadori – I Meridiani, 1999, le pagine siciliane, pp. 250-356, forse tra le più belle del viaggio in Italia.
Ha ragione Berenson nel notare la scarsa attenzione del viaggiatore tedesco ai monumenti e all’arte figurativa medievale; ma siamo nel 1787, ogni epoca ha le sue predilezioni, e anche una mente universalistica come quella di Goethe non può convivere con i gusti di tutte le epoche. Anche i più grandi restano figli del loro tempo. Goethe arriva in Sicilia come poeta (sulla nave che da Napoli lo porta a Palermo compone il dramma Torquato Tasso), come amante di antichità classiche, come naturalista, come disegnatore di paesaggi. Per dote naturale più che col disegno sa esprimere quanto vede e sente assai meglio con la bellezza incantatrice della parola. La sua visione della «vastità e varietà di paesaggi» (p.298) è originale e appassionata. Una meraviglia visiva. «L’Italia, senza la Sicilia – scrive – non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto» (p. 280). Sguardo incantato di poeta e occhio curioso e indagatore di naturalista sono per Goethe due modi di sentire e di conoscere una medesima natura, che non si contraddicono e non si escludono. Per godere di queste pagine dobbiamo conciliare anche in noi stessi due amori, per la poesia e per la scienza; e, se ci è possibile – per me è naturale – fare nostro il sostanziale panteismo del grande tedesco.
Goethe: «Se non ci si è visti completamente circondati dal mare, non ci si può fare un’idea del mondo e del nostro rapporto con esso» (Viaggio in Italia, Mondadori 1999, p. 256).
18 dicembre: stupendo questa mattina il cielo sopra Bergamo, rimasto incantevole per tutta la giornata con continue metamorfosi di nuvole e di colori. Pensiero ai cieli di Constable.
L’arch. Riccardo Scotti mi chiede con insistenza il testo della mia relazione su Luigi Chiodi.
Quando vedo le belle fotografie di Luigi Ghirri mi viene da pensare che egli ricomincia in fotografia dove Piero della Francesca ha lasciato in pittura.
La tempesta di Shakespeare, supremo esercizio della magia della parola. Quando John Constable, in una lettera del 1821 all’amico Fisher, evocando con sentito trasporto i paesaggi della sua infanzia nel Suffolk dice che Shakespeare avrebbe saputo «rendere tutto molto poetico», forse pensava al bellissimo canto di Iride dell’Atto IV.
Giornata splendida. Partiti da Gandellino siamo saliti oggi 21 dicembre in Val Grabiasca per il sentiero 255. Nel folto bosco d’abeti precipitose acque spumeggianti, gaie e pure; profumo di terra, resina e muschio. Sosta alla baita del pastore, in faccia al sole caldo; lì vicino il dolce e silente mormorio di una rustica fontana; bella vista sul Vigna Vaga tra i rami neri d’un noce maestoso.
Tradurre e annotare è un esercizio che mi giova molto: mi costringe a nutrire col solido cibo dell’erudizione le mie sensazioni lievi.
John Keats, Poesie, a cura di Silvano Sabbadini, Mondadori 2014 (prima edizione 1986). Studiare i possibili rapporti tra Keats e Constable. Pare che non si siano mai incontrati anche se nel 1819 risiedono ambedue ad Hampstead, vicino a Londra. Mi interessa sapere se il pittore ha letto Keats e se ne ha apprezzato la poesia, e se il poeta ha visto i dipinti di Constable; Il cavallo bianco viene esposto a Londra nel 1819.
23 dicembre, a Villa Reale (Milano) visita della mostra di Alberto Giacometti e delle collezioni della Galleria d’Arte Moderna. Ne scrivo nel Diario.
24 dicembre, alla Gamec di Bergamo per la mostra di Luigi Ontani: opere fotografiche in cui l’artista ricorre al proprio corpo e al proprio volto per impersonare soggetti storici, mitologici, letterari, icone d’arte, con intenzione ora parodistica ora simbolica ora semplicemente evocativa. Non sono riuscito a stabilire con le opere alcuna sintonia, parendomi, forse per scarsa mia comprensione, solo effetti di maniera.
Alla galleria di Arialdo Ceribelli vedo sempre cose belle e nuove, questa volta mi colpisce una piccola incisione di Dürer che raffigura San Pietro. Per una mostra che farà a marzo 2015, Arialdo mi chiede di scrivere tre cartelle sulla fortezza di Bergamo eretta dai veneziani nel XVI secolo.
Alla televisione tedesca l’Oratorio di Natale di Bach, coro e orchestra della Thomaskirche di Lipsia.
Mattina di Santo Stefano, di una serenità immensa. Saliamo ai Canti di Valle Imagna per sentiero che serpeggia tra faggi e roccette di un uguale colore grigiochiaro e folti cespugli di ginepro che hanno riflessi d’argento. Un panorama mirabile: lontana a occidente la bianca catena delle Alpi, a mezzogiorno l’amplissima pianura immersa in una nebbia luminosa da cui emerge nitida, all’orizzonte, la linea grigioazzurra dell’Appennino.
Natale 2014 incrementa il nostro segreto tesoro con tre doni: le Poesie di John Keats, Effi Briest di Theodor Fontane, Giorni di guerra di Giovanni Comisso. Liliana è entusiasta di Fontane.
Nelle passeggiate di quest’inverno prendo piacere a osservare grandi faggi che si espandono possenti in bizzarre e scure ramature. E per una felice coincidenza leggo in questi giorni versi di Keats in cui ritrovo le mie sensazioni: «In drear nighted December / Too happy, happy tree, /Thy branches ne’er remember / Their green felicity- / The north cannot undo them / With a sleety whistle through them, / nor frozen thawings glue them / From budding at the prime». Sorprendenti i progressi che faccio nell’Inglese, più che per merito mio della bravissima teacher.
Ernesto Ferrero oggi 28 dicembre sul Domenicale del Sole 24 Ore: «L’effetto di un massimo di naturalezza è prodotto da un massimo di sapiente artificio».
Visitata oggi 30 dicembre la nuova Galleria Sabauda a Torino, allestita nella Manica Nuova di Palazzo Reale. Buona l’impressione generale. Disposizione delle opere per cronologia e scuole, ottimo; apprezzata la qualità dei materiali e dei colori di pavimento e pareti; didascalie efficaci, chiare, ben leggibili; buona l’illuminazione, alle finestre tende bianche trasparenti, molto bene; facile seguire il percorso espositivo, che si sviluppa su tre piani: si incomincia al piano terreno con la bellissima Incoronazione della Vergine di Bernardo Daddi e si finisce al secondo piano coi due paesaggi di Giuseppe Pietro Bagetti. Al terzo piano la collezione Gualino. Due soli appunti: al piano terreno, dove sono prevalenti le tavole dei primitivi, un caldo eccessivo, mentre ai piani superiori il troppo freddo ci ha obbligati a indossare i cappotti; in alcune sale molto piccole sono collocate grandi tele che sembrano «caderti addosso» (Liliana). Per qualità e numero di opere, per varietà di scuole e di generi, è una delle collezioni più belle e singolari d’Italia. Le stigmate di s.Francesco di Van Eyck, Madonna col Bambino di Beato Angelico, Annunciazione della bottega di Jacopo Bellini, il polittico di Gandolfino da Roreto, le quattro tavole di Gaudenzio Ferrari con storie dei santi Gioacchino ed Anna, i due Savoldo, Cena in casa di Simone di Veronese, Madonna dei Miracoli di Cerano, Annunciazione di Gentileschi, i ritratti di Van Dyck, Santa Francesca Romana di Guercino, Santa Margherita di Poussin, Ritratto di vecchio di Rembrandt (?), Paesaggio con gregge di capre di Dughet, interni di chiese di Saenredam, vedute torinesi di Bellotto.
31 dicembre: seguito con entusiasmo sul primo canale tedesco ARD il tradizionale concerto di San Silvestro dei Berliner Philharmoniker diretti da Sir Simon Rattle: Rameau, suite da Les Indes galantes; Mozart, Concerto per pianoforte e orchestra op. 488, al piano Menahem Pressler, novantunenne; Dvorak, Danze slave; Kodáli, suite da Háry Janos.