23 agosto 2012: Bramantino a Milano

Dobbiamo essere grati al Comune di Milano e ai curatori Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi per averci dato la possibilità di condurre una lectio continua del libro scritto a Milano tra il 1485 e il 1515 da Bramantino, riunendo nella Sala del Tesoro del Castello Sforzesco i capitoli sfascicolati che si trovano in varie sedi milanesi.
I capitoli non ci sono però tutti. Peccato. Ne mancano pochi per completare il libro non voluminoso del pittore bergamasco. Manca poi quello che per me è il capitolo più bello, L’Adorazione dei Magi, rimasto a Londra. Ma è grande comunque la gioia nel vedere riunite tutte le opere che si conservano a Milano, ad eccezione della Crocifissione di Brera (ma basta un salto, è qui vicina), poter con calma e con il dovuto silenzio confrontare, rivedere, soffermarsi sulla qualità dei colori, sulla modulazione della luce, sulle modalità di stesura del pigmento, sulla delineazione delle forme: gioia che si prova quando si visita una mostra nata da un’idea, governata da un senso e illustrata con straordinaria ed encomiabile messe di notizie, come lo è questa di Bramantino.  Con l’Adorazione dei Magi di Londra, 1495 circa, la poetica del pittore tocca per me il vertice (dico “per me”, so che per molti altri il vertice viene dopo): per il gioco meraviglioso di immaginazione e intelletto, per originalità d’invenzione, per vigore e sentimento degli attori, per composizione, per cromia, per lume.
Anche qui, nella Sala del Tesoro del Castello, dove vedo Bramantino riunito, mi risorge dentro una domanda, ancora più imperiosa di quando ho visto Bramantino a tappe: l’incontro con Bramante e con Leonardo ha giovato al giovane bergamasco? Un artista geniale che ha composto l’Adorazione dei Magi aveva proprio bisogno di monumentalità e di sfumato?
La Madonna avvolta nel manto blu della Sacra Famiglia di Brera è piacevolissima. Il manto, visto a una certa distanza, rivela tutta la sua squisita, tattile morbidezza e viva luminosità, dovute alla straordinaria perizia con la quale è steso il pigmento, a piccoli tocchi, bianchi nei rilievi luminosi, come piaceva fare a Jacopo Bellini: bellissimo il manto, straordinario il turbante rosa, dolce l’espressione del viso, eppure vedo già incipiente  una maniera, che poi si accentua negli anni con un eccesso di ricercata simmetria, con ampio, debordante panneggio dalle calibratissime e regolarissime pieghe, con volti che non so più capire se animati da sospiri o da smarrimenti; continua e si accentua la tendenza anticanonica, il desiderio d’originalità: tutto questo lo avverto bene e ne colgo la raffinata resa espressiva, ma l’emozione frena. E il compiacimento per l’eccentrico mi lascia indifferente. Il gigantesco rospo del trittico di San Michele che un tempo, neofita in Ambrosiana, mi impressionava e mi seduceva, ora lo tengo a bada con un benevolo (e liberatorio) sorriso.
Il Catalogo che accompagna la mostra (Milano, Officina Libraria, 2012) è un modello di erudizione, di storiografia artistica, di scrittura.

Sacra Famiglia, 1503-1504 circa, tavola, cm. 61×47, Milano, Pinacoteca di Brera