30 novembre: Appunti ottobre-novembre 2014

Visitata oggi 1° ottobre la mostra di Giovanni Segantini a Palazzo Reale, Milano. Ammirati i disegni, che non conoscevo: ricordano Millet, ma hanno più perizia, verità e lume. Il più bel quadro in mostra Ritorno dal bosco, 1890 (Museo Segantini di St. Moritz, sotto nell’immagine): peccato quel faretto collocato alla base del quadro, che gli spara addosso da sotto in su una luce irriverente. Come si fa a concepire una cosa del genere? La visione dell’opera è compromessa: non si coglie quella straordinaria resa dell’ora serale d’alta montagna che è motivo poetico del dipinto; visto a St. Moritz con la luce naturale è tutto un altro quadro. Quando esco da una mostra o da un museo mi prende sempre il rammarico (disappunto?) di non aver osservate e studiate abbastanza le opere esposte. Ma quanto si deve stare davanti a un quadro?

2 ottobre, Festa degli Angeli Custodi. Dal sermone di s. Bernardo che si legge oggi nell’Officio: agli angeli custodi dobbiamo «reverentiam pro praesentia, devotionem pro benevolentia, fiduciam pro custodia».

Honoré de Balzac, Il capolavoro sconosciuto, Skira 2013. Continuo la lettura di Mann e di Hesse. Lavoro al paragrafo 47 della Critica del Giudizio di Kant. Ne ho parlato con Angelini.

Tre giorni in Svizzera, dal 4 al 6 ottobre. Visitate a Winterthur le mostre di Max Liebermann e di Édouard Vuillard.
Liebermann: opere acquistate da collezionisti o da musei svizzeri, quindi la fortuna svizzera del pittore ebreo tedesco, il più bel quadro Der restaurant in Leyden, 1905 della Kunsthaus di Zurigo (sotto nell’immagine); prime opere nello stile del naturalismo olandese; avvicinatosi agli impressionisti i quadri si schiariscono, pennellate lunghe e pastose un po’ alla Manet, costruzione delle forme con stile sprezzato e sintetico.
Vuillard: ottimo allestimento al Kunstmuseum, pareti grigie, luce naturale dall’alto, Vuillard sino al 1909, poesia d’interni. Alla Fondazione Beyeler di Basilea mostra di Gustave Courbet: visti nuovi quadri, alcuni paesaggi con neve strepitosi per effetti di luce, poesie della sorgente, del torrente, del bosco; studiato ancora una volta il modo col quale Courbet stende il colore. Sosta nella sala di Alexander Calder, affascinato.

Sabato 4 ottobre saliti per la prima volta al Rigi: il mattino come sospesi su un mare di nebbia; nel pomeriggio vista fantastica sul Lago dei Quattro Cantoni e sulle Alpi. Pensato al racconto di Tolstoj, Lucerna.

Per le edizioni di Archivio Bergamasco sono usciti gli Atti del Convegno su Donato Calvi, tenuto a Bergamo il 9 novembre 2013, per l’occasione del IV centenario della nascita dell’agostiniano bergamasco. Matteo Rabaglio e Giosuè Bonetti hanno fatto un pregevole lavoro di curatela. Nel volume è anche la mia relazione sulle fonti utilizzate da Calvi nella redazione dell’Effemeride. Ho ideato la grafica della copertina.

Raccolta delle castagne in Casale. Nell’orto di Abbazia fioriscono crisantemi bianchi e gialli per i nostri cari morti.

Leggendo Hesse noto che molte sue espressioni, similitudini, immagini, richiamano, se pur vagamente, passi biblici, in particolare del Cantico dei Cantici e di Isaia. Da giovane Hesse ha fatto studi biblici e teologici.

Il commento di Ernst Cassirer (1918) è quanto di più profondo non abbia finora mai letto sulla Critica del Giudizio di Kant (Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia, 1977).

«Conoscere l’uomo e noi stessi; essere attenti ai nostri sentimenti; indagare e amare la natura per le vie più piane e più brevi; giudicare ogni cosa secondo la sua destinazione: ecco quel che Euripide apprese da Socrate, quel che lo fece primo nella sua arte. Felice quel poeta che possiede un simile amico» (Lessing, Drammaturgia d’Amburgo, Bari, Laterza, 1956, p. 229). Arrivo a Lessing da Mann.

Questa mattina, venerdì 17 ottobre, prima lezione di Inglese, insegnante madrelingua, bravissima. Per la seconda lezione devo portare un breve testo sulla vita del pittore paesaggista John Constable, che leggeremo insieme e sul quale faremo conversazione. Ieri sera alla Sala Greppi ascolto delle Quattro Ballate di Chopin, epiche ed elegiache: al pianoforte una straordinaria e giovane Mariangela Vacatello. Incantata dolcezza lirica, eterea leggerezza. Quale emozione! Capisco perché Delacroix amasse così tanto «i deliziosi pezzi brevi» del suo caro Chopin.

23 ottobre: raccolte in Casale le ultime castagne, giornata stupenda, limpida, ventosa; poi nell’orto di Abbazia. Lettura di Knut Hamsun, Il risveglio della terra: arrivato ad Hamsun da Hesse. Ultimi preparativi per la cerimonia di premiazione di Anna Maria Matteucci, storica dell’arte, che terremo sabato 25 ottobre nella Sala Consiliare del Comune di Bergamo.

La cerimonia di premiazione di Anna Maria Matteucci, organizzata da Osservatorio Quarenghi e tenuta oggi 25 ottobre, ha avuto un buon successo. Sala Consiliare gremita, pubblico attento, tutto si è svolto con semplicità, ordine, eleganza. La Lectio magistralis della studiosa bolognese, Architetti italiani alle corti d’Europa, è durata un’ora e venti minuti. Impegnato nell’organizzazione, stampa, buffet, cena ecc., l’ho potuta seguire solo a tratti. A Liliana è piaciuta: d’ora in avanti, mi dice, quando vedrà architetture storiche le saprà guardare con nuovi occhi, dopo aver ascoltate le molte e puntuali considerazioni della Matteucci. Non vi può essere di una lezione elogio più bello di questo.
  

Con Marcello Eynard compiliamo gli Indici di persona e di luogo del numero di «Bergomum» 2013. Compilare gli Indici di un volume è un esercizio che imporrei obbligatoriamente, almeno una volta nella vita, a tutti coloro che scrivono saggi storici o letterari. Oltre a formare un utile abito mentale, ordinato e metodico, fare Indici obbliga infatti a seguire con scrupolo rigorosi criteri, questo esercizio educa all’attenzione che va prestata, quando si lavora a una pubblicazione, alla scrittura dei nomi di persona (nome e cognome, date e qualifiche necessarie per l’identificazione ecc.), di luogo (denominazione esatta all’altezza cronologica in cui compare, circoscrizione amministrativa, variazioni nel tempo ecc.), di istituzione (denominazione completa e ufficiale così come indicata nei documenti, ubicazione, variazioni nel tempo ecc.).

Certi luoghi, certi piccoli prodigiosi musei o speciali biblioteche, le case di poeti, scrittori, artisti, certi paesaggi che sono stati motivo di geniali ispirazioni, sono per me dei santuari, nel senso della parola tedesca usata da Thomas Mann per la casa di Goethe a Weimar, Gnadenorte, luoghi dove andare in pellegrinaggio, dove la grazia si manifesta potente, luoghi di aspirazione, di speranza, di venerazione.

Dal 4 al 7 novembre siamo a Londra, per tre mostre: Moroni alla Royal Academy, Rembrandt alla National Gallery, Constable al Victoria and Albert Museum. Ho scritto qualcosa sul Diario. Il più bel ritratto di Moroni esposto alla Royal: Il cardinale Giangirolamo Albani, collezione privata (nell’immagine). Il 5 novembre escursione a piedi, sotto la pioggia, lungo ilfiume Stour, che fa da confine tra l’Essex e il Suffolk, nei luoghi amati da Constable. Il 6 novembre visitata Cambridge, i Colleges, il Museo Fitzwilliam, una piacevolissima sorpresa.

Dobbiamo rassegnarci. Non solo in Italia, anche qui in Inghilterra, come già ho visto in Francia, le immagini a colori dei quadri riprodotti nei cataloghi di mostre sono orribili. Nessuna cura della qualità dell’immagine, niente. Si lavora troppo in fretta, e con poca passione. Forse solo in Germania vedo cataloghi ancora sufficientemente dignitosi. Parlo delle immagini riprodotte, per i testi e le schede è un altro discorso.

Tra i Colleges visti a Cambridge, quello che più ci ha affascinati per la forma architettonica, gli ambienti, i cortili, il verde circostante è il The Queens, un piccolo gioiello di raccolta armonia.

Le più belle mostre restano sempre i musei. Pochissimi visitatori, si può stare davanti ai quadri con tranquillità, soli, a lungo, si fanno sempre nuove scoperte, si rinsaldano vecchie conoscenze, soprattutto si impara, si impara. Il 4 dicembre riapre la Galleria Sabauda a Torino. Una visita prima di Natale?

Per quattro sabati, nella sede del Centro Culturale Protestante, leggiamo insieme La libertà del cristiano di Lutero (1520), nella traduzione italiana del testo tedesco. Siamo un gruppo di sedici persone. Io leggo il testo ad alta voce, gli altri seguono con in mano l’edizione curata da Paolo Ricca. Dopo la lettura dieci minuti di silenzio, poi chi vuole rende pubbliche le sue riflessioni. Winfrid, pastore della chiesa valdese di Bergamo, fa da guida, preparatissimo sia nella teologia di Lutero sia nella storia del luteranesimo. Spero di non urtare nessuno con le mie riflessioni di non credente. Del testo di Lutero noto la qualità retorica, la forza argomentativa, la novità rivoluzionaria (rispetto al suo tempo) nella interpretazione della fede cristiana, l’afflato spirituale e mistico, la volontà riformatrice, la preoccupazione pedagogica, l’importanza del sentimento, il senso di concretezza, la vitalità.

«La voce dei poeti conduce ogni cosa nella gioia» (Eschilo, Agamennone, vv.1629-1630).

Mentre oggi 17 novembre rientravamo da Santarcangelo, dove abbiamo trascorsi due bellissimi giorni per le feste di compleanno di Serena e Federico, leggevo ad alta voce in auto Somerset Maugham, Il filo del rasoio. A Liliana piace che durante il viaggio legga ad alta voce.

Da quando sono tornato da Londra, sono tutto preso dalla stesura di un saggio con questo titolo: “Divagazioni sul quadro di John Constable, Il carro da fieno (The Hay Wain), tra Londra e Parigi”; il capolavoro del paesaggista inglese (National Gallery di Londra) inaugurò un nuovo corso nella pittura di paesaggio in Francia quando nel 1824 fu esposto al Salon, tra gli entusiastici consensi dei romantici e le aspre critiche dei neoclassici davidiani.

Se gli amici mi chiedono che cosa sto studiando o su che cosa sto scrivendo, mi trovo in imbarazzo nel rispondere. Preferisco stare sul generico. Se dico: – sto scrivendo qualcosa su Constable, un paesaggista inglese – temo che gli amici studiosi di storia, stupiti, restino perplessi; e che gli amici studiosi d’arte mi compatiscano. I primi aspettano da me il libro promesso da anni sugli eretici luterani a Bergamo nel Cinquecento; i secondi che non abbia la presunzione di invadere campi altrui, io rispettabilissimo archivista.

«Tutti i popoli hanno la loro immaginazione, i loro occhi, il loro genio» (Adolphe Thiers, Le Salon 1824).

Se non si vive e si sente il rapporto con l’età presente, una rappresentazione della storia è impossibile.

30 novembre, Liliana continua nella lettura di Somerset Maugham, scrittore che le piace molto; mi segnala questo passo letto oggi in Vacanze di Natale, edizioni Oscar Mondadori, 1978, p. 193, è la protagonista Lydia che parla:«Quando lavoravo dalla sarta e la padrona mi tormentava, me ne andavo al Louvre all’ora del desinare e così dimenticavo tutte le mie sofferenze, Lo stesso quando mia madre morì e rimasi sola, il mio unico conforto era visitare il Louvre. E nei lunghi mesi che Robert fu in prigione prima del processo, credo che sarei diventata pazza se non avessi avuto il Louvre. Mi dava riposo. Mi dava pace. Mi dava coraggio. E non erano i capolavori che mi davano tutto questo, erano i quadri più piccoli che di solito nessuno nota…Mi pareva che fossero contenti di attirare la mia attenzione. Sentivo allora che nulla aveva importanza, perché tutto passa. Pazienza! Pazienza! Ecco quello che ho imparato da quei quadri. Ho sentito che al di sopra di tutto l’orrore, la miseria e la crudeltà del mondo, vi è qualcosa che aiuta a tirare avanti, qualcosa di più grande e di più importante, lo spirito dell’uomo e la bellezza che egli crea». Quante chiacchiere inutili e tronfie, quanti spropositi si sentono dire e si leggono sulla funzione dei musei da parte di persone che non sono mai state toccate nella vita da un po’ della grazia e del sentimento di Lydia!