25 giugno 2012: Poussin e Bellini, Nietzsche e Pasolini

Nelle vagabonde letture che sto facendo per i lavori su Poussin e Rogier van der Weyden, ho incontrato due bei testi, uno di Nietzsche, Umano, troppo umano, parte II, “Et in Arcadia ego”, aforisma n. 295 (Milano 1970, vol. II, p. 233); l’altro di Pasolini, Tutte le poesie, Milano 2003, “Bozzetto”, p. 294. Parole per esprimere il sentimento di serena, quieta, eterna bellezza dei paesaggi di Poussin e di Bellini.

Nietzsche:

“ Guardai in basso, su onde di colline, verso un lago verdelatte, attraverso abeti e pini gravi di vecchiaia: schegge rocciose di ogni specie intorno a me, il terreno variopinto di fiori e di erbe. Un armento si muoveva, si allungava e si sporgeva davanti a me; mucche isolate e gruppi più lontani, nella più livida luce serale, accanto alle conifere; altre più vicine, più scure; tutto nella pace e nella sazietà della sera. L’orologio segnava all’incirca le cinque e mezza. Il toro dell’armento era entrato nel bianco ruscello spumeggiante e procedeva lentamente, resistendo e abbandonandosi al suo precipitoso corso: così si prendeva bene la sua specie di rabbioso piacere. Due creature  di un bruno cupo, di origine bergamasca, erano i pastori: la ragazza era vestita quasi da ragazzo. A sinistra dirupi e campi di neve su vaste zone boscose, a destra due mostruose punte ghiacciate, alte sopra di me, nuotavano nel velo del vapore del sole – tutto grande, silenzioso e chiaro. Tutta quella bellezza faceva rabbrividire e adorare tacitamente l’attimo della sua rivelazione; involontariamente, come se non ci fosse stato niente di più naturale, si immaginavano in questo puro e vivido mondo di luce (che non aveva nulla dell’anelito o dell’attesa, nulla che guardasse in avanti o all’indietro) eroi greci; bisognava sentire come Poussin e il suo allievo: in modo eroico e idillico insieme. – E così singoli uomini hanno anche vissuto, così si sono durevolmente sentiti nel mondo e hanno sentito il mondo in sé, e fra loro uno degli uomini più grandi, l’inventore di un modo di filosofare eroico-idillico: Epicuro”.

 

Pasolini:

“… Non si parla qui di paradisi perduti: i monti azzurri

dietro le architetture e le terre divinamente brune

in una luce come si ha solo dopo la pioggia,

verso sera, e tutto è nitido nello spazio;

i monti azzurri, in fondo laggiù, nell’altra luce,

non ancora perduta a Occidente, umilmente trionfale,

e verso cui l’occhio della gente non s’alza

ma che tuttavia l’ha in cuore, ben conosciuta –

Giovanni Bellini: è di lui che si parla”

Colori, volumi, linee, luci, ombre tramutati in ‘sentimenti’; ma i modi dell’espressione hanno accenti diversi. Nietzsche è più analitico, Pasolini più essenziale; Nietzsche è grandioso, sublime, quindi eroico, Pasolini semplice, umilmente trionfale; Nietzsche è nordico, Pasolini è virgiliano, latino; Nietzsche è di una religiosità dialettica, barthiana, Pasolini di una religiosità veneranda, confidente, saggiamente ingenua, alla Ippolito Nievo; la pace di Nietzsche è di un solitario romantico, la pace di Pasolini è gioia condivisa. Questa sottile diversità d’accento poetico corre anche tra Poussin e Bellini?

                                              

Poussin, Funerali di Focione, 1648 (Oakly Park, coll. privata)                    Bellini, Madonna del Prato, 1500-1505 (Londra, Nat.Gallery)