21 agosto 2014: Contemplazione e studio
Il 7 agosto scorso, scrivendo del mio amore per la flora alpina, ho accennato al piacere che provo quando, osservando quei bellissimi fiori, compio qualche modesta ricerca che non ha alcuna pretesa scientifica. In questi giorni leggo le Passeggiate solitarie di Rousseau per il commento che sto scrivendo al testo di Charles Clément sul Poussin paesaggista (1850). Leggendo, per la prima volta, questo avvincente testo mi sono imbattuto in un passo in cui il filosofo francese parla della sua passione per la botanica. I suoi sentimenti sono i miei, per cui trascrivo volentieri le appropriate e pertinenti parole di Rousseau,
“Vividi fiori, brillio dei prati, fresche ombrie, ruscelli, boschetti, verzura, venite a purificare la mia immaginazione! La mia anima, morta a tutt’i grandi moti, non riesce a commuoversi che agli oggetti sensibili; non ho ormai altro che sensazioni, e soltanto traverso queste la pena o il piacere possono toccarmi, qui sulla terra. Attirato dai ridenti oggetti che mi circondano, li considero, li contemplo, li paragono, imparo infine a classificarli, ed eccomi a un tratto botanico quel tanto che ha bisogno di esserlo colui che non vuole studiare la natura se non per trovare senza tregua nuovi motivi di amarla. Non cerco affatto d’istruirmi: ormai è troppo tardi. D’altronde, non ho mai veduto che molta scienza contribuisca a una vita felice; ma cerco di offrirmi svaghi miti e semplici, che possa gustare senza fatica e che mi distraggano dalle sventure […]. Vi ha in quest’oziosa occupazione un incanto che non si sente se non nella completa calma delle passioni, ma che allora basta da solo a rendere la vita dolce e felice; non appena vi si mescoli un motivo d’interesse o di vanità, sia per occupare dei posti sia per fare dei libri, non appena non si voglia imparare che per istuire, non appena si vada a erbe per diventare autore o professore, tutto quel dolce incanto svanisce, non si vedono nelle piante che gli strumenti delle nostre passioni, non si trova nessun vero piacere nel loro studio, non si vuole sapere ma mostrare che si sa, e nei boschi non ci si trova che sul teatro del mondo, occupati nella cura di farcisi ammirare” (Passeggiate solitarie, settima passeggiata, in Opere, a cura di Paolo Rossi, Firenze, Sansoni, 1972, pp. 1361-1362).
Quello che Rousseau dice a proposito della sua passione per le piante, per me vale anche per la passione e lo studio della pittura.