17 luglio 2014: Pontormo e Rosso Fiorentino
Sul treno Freccia Rossa, che viaggiando a 300 chilometri all’ora attraversa la bella Valle Padana e mi porta a Firenze, dove tra poche ore vedrò la mostra su Pontormo e Rosso Fiorentino allestita a Palazzo Strozzi, leggo, in preparazione, Giuliano Briganti, La maniera italiana, Sansoni 1961. Se si supera il tabù culturale di inserire Michelangelo nella storia della “maniera” italiana, tutto diventa più chiaro e comprensibile, divenendo la “maniera” un movimento di più accertata originalità, autonomia, grandezza. Pontormo e Rosso Fiorentino sono persone singolari, bizzarre, capricciose, ma prima di loro, a Firenze, Michelangelo e Leonardo erano stati non meno singolari. Mi soffermo a meditare questo passo.
Alla sera, nel viaggio di ritorno, ho ancora negli occhi quattro volti, che più di altri mi si sono impressi nel cuore e vengono a Bergamo con me. Sono interpretazioni nuove, originali, di personalità individuate con forte caratterizzazione e marcata espressività, che non mi meraviglierei di incontrare in un romanzo di Dostoevskij. La mia recente frequentazione dell’espressionismo tedesco mi ha forse reso più disponibile all’incontro. San Girolamo di Rosso Fiorentino della pala Madonna col Bambino e quattro santi, 1518 (Firenze, Galleria degli Uffizi); Santa Elisabetta di Pontormo della Visitazione, 1528-1529 (Carmignano, Pieve di San Michele Arcangelo); san Bartolomeo di Rosso Fiorentino della pala Madonna col Bambino, San Giovanni Battista e san Bartolomeo, 1521 (Volterra, Museo Diocesano d’Arte sacra); l’angelo che sorregge Cristo deposto dalla croce di Pontormo nella Deposizione, 1525 (Firenze, Chiesa di Santa Felicita). Per vedere la Deposizione di Pontormo, incantevole, formidabile, sconcertante, “uno dei raggiungimenti più alti della ‘maniera’ italiana e di tutto il Cinquecento” (Briganti, pp. 24-25), non in mostra, mi è occorso andare nella Chiesa di Santa Felicita Oltrearno. Visita che ho compiuto molto volentieri, non solo per la straordinaria pala, ma anche per vedere, ancorché molto ricostruita, la chiesa parrocchiale del mio Pier Martire Vermigli, che qui nacque l’8 settembre 1499, che questa chiesa frequentò da bambino e nella quale, ormai canonico lateranense, ritornò sicuramente quando era di passaggio a Firenze. E avrà anch’egli ammirato l’angelo dagli occhi grandi, neri, accorati del Pontormo.
Aggirandomi estasiato per la bella mostra, che con quella di Luini a Milano à tra le più felici e istruttive viste finora quest’anno in Italia, mentre osservavo alcune tele di Pontormo e ponevo tutta la mia attenzione ad assaporare da vicino la qualità cromatica e la esuberanza dei suoi panneggi, a cogliere il guizzante soffio di luce, il pensiero mi correva del tutto spontaneamente a Lotto. So che non ci possono essere stati rapporti. Ma dico una castroneria se vedo nel Lotto qualcosa della bella “maniera italiana”?