22 gennaio 2014: Giuseppe, che monta la guardia al Marco Aurelio
Al termine di una veloce visita ai Musei Capitolini, giunti nella sala dove ora sta la celebre statua equestre del Marco Aurelio, vista l’ora e ancor più sentita la fame, ci azzardiamo a chiedere al sorvegliante che è all’ingresso della sala di indicarci per cortesia un posto dove pranzare, secondo la nota formula: bene spendendo poco. Ci segnala da Birra Peroni, in Piazza Santi Apostoli, dove poi pranzeremo con grande soddisfazione. La nostra domanda ha dato l’esca all’avvio con il sig. Giuseppe, apprendiamo il nome dopo poche battute, di una conversazione sempre più ravvivata dalla contagiosa simpatia del sorvegliante. Di dove siamo, che cosa abbiamo visto a Roma, che cosa vedremo, chiacchiere di questo genere. Sono a Roma, gli dico, anche per leggere alcuni documenti all’archivio generale dell’Ordine agostiniano. Parliamo di viaggi, e lasciamo perdere le carte antiche dei frati. Dice di conoscere tutto il Nord Italia. Ci va per la pesca nei fiumi e nei laghi, perché fa parte del più importante club di pescatori che è a Roma. Gli parliamo del nostro progetto di fare un giro di tutta l’Italia, via da casa per tre mesi.
– Un giro d’Italia? – Fa il sig. Giuseppe, sorpreso. – Ma che Italia, prima dovete fare un giro di tutto il Lazio, un mese, bellissimo. Prima dovete vedere il Lazio, dopo andrete in Italia -. E il sorvegliante, che mi aveva visto scrivere sul taccuino mentre osservavo il Marco Aurelio:
– Scriva sul suo quaderno i posti che dovete assolutamente vedere: Viterbo, Montefiascone, Bolsena, Civita di Bagnoregio, Acquapendente, Tuscania, Tarquinia, Bracciano, Ariccia, Genzano, Velletri, Castel Gandolfo, Grottaferrata, Fumone, Ninfa, Sermoneta, Terracina, Sperlonga, Norma -. Mentre sciorina questi nomi, intercala, a seconda del nome che dice: – lì è bello bello -, oppure – lì se magna se magna -. Comprendo che il magnare, nella scala dei valori del sig. Giuseppe, è messo bene. Gli dico di non aver mai sentito il nome di alcune località che mi ha elencate, ad esempio Ninfa: – Come? Non conoscete Ninfa? Come si fa a non conoscere Ninfa? C’è anche il lago, e poi a Ninfa se magna se magna. Se c’andate, chiedete de sòra Anita e dite che vi manda “er Giuseppe che monta la guardia a Marco Aurelio, che sta ‘n Campidoglio” -.
Ringrazio e vado a sedermi appena fuori della sala, rivedo le note del taccuino, mentre Liliana continua la conversazione. Poco dopo viene da me e mi dice che il sorvegliante vuole dettarmi la ricetta dei veri spaghetti all’amatriciana. Le dico di lasciar perdere, che non possiamo approfittare di uno che sta lavorando. Mi prega di non essere scortese. Vedo che anche il sig. Giuseppe mi fa cenno di tornare da lui. Ci vado.
– Voi al Nord non capite niente degli spaghetti all’amatriciana. Scrivi la ricetta come la dico io -. Pronti, taccuino e penna. – Prima cosa spaghetti di semola dura, e non bucatini, mi raccomando. Soffriggere il guanciale di maiale tagliato a striscioline con olio, ma se c’è lo strutto è meglio, un po’ di aceto, un po’ di cognac, sì il cognac, è qui il segreto, e mezzo peperoncino; dopo la rosolatura togliere metà del guanciale e tenerlo da parte in caldo; aggiungere i pomodori freschi pelati, fare il sugo per dieci minuti; rimettere in padella la parte di guanciale che si era tolta; scolare gli spaghetti al dente, perché se non sono al dente il cuoco è un deficiente, dopo che si sono messi a cuocere in abbondante acqua salata; versare gli spaghetti nella padella del sugo, insaporire con il pecorino un poco alla volta dando una rigirata; versare gli spaghetti nel piatto aggiungendo in superficie ancora un pizzico di pecorino -. Il sig. Giuseppe vuole che rilegga: con l’orecchio ascolta, con gli occhi tiene a bada le frotte di turisti. Corregge, toglie, aggiusta, come fossimo già ai fornelli. Basta, così va bene.
Questa è la ricetta dei veri spaghetti all’amatriciana, che ho scritto sotto dettatura di Giuseppe, che monta la guardia al Marco Aurelio che sta al Campidoglio.